Orwell reloaded
Il mondo criminale del capitale e dei Megamedia odierni
Non affermare mai chiaramente una menzogna dimostrabile.
Edward Bernays
Indice
- Kafka in abiti giuridici
- Ionesco alla corte del Re
- Soldiers of fortune
- Criminali in doppiopetto
- Carapintada mediatici
- Una dirimente cartina di tornasole: l’11 settembre 2001
- La strategia di Zelig
1. Kafka in abiti giuridici
La risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, un provvedimento adottato il 17 marzo 2011, dispone l’attuazione di una serie di misure atte ad affrontare la cosiddetta crisi innescata dalla guerra civile libica. Tra le altre cose, in modo particolare autorizza la comunità internazionale:
■ad istituire una no-fly zone in Libia;
■a utilizzare tutti i mezzi necessari per proteggere i civili e porre fine alle violenze e agli attacchi nei loro confronti;
■ a rafforzare l’azione contro i mercenari e loro nuovi arrivi;
■ imporre un cessate il fuoco.
La R1973, proposta non a caso da Sati Uniti, Francia e Gran Bretagna, si sostanzia di ragioni che in pratica rappresentano altrettanti argomenti tipici della propaganda. Ovvero sia sono falsi e non corrispondenti al vero, nel senso che non sono mai accaduti, come dimostrato da molteplici fonti, sia hanno in definitiva natura opposta a quella che ci è stata presentata. Con la R1973, in altre parole, varchiamo subito la soglia di un regno surreale e veniamo introdotti d’un colpo in un mondo dell’assurdo. Infatti, le potenze guida dell’Occidente propongono l’adozione di misure militari contro un paese sovrano tramite il ricorso ad una doppia logica:
A)
►sia sulla base di un vero e proprio coup da esse fomentato e finanziato, innescato dai loro agenti a Bengasi (detti ribelli ma forse meglio qualificabili come marrani al soldo dello straniero, cloni di laboratorio dei servizi statunitensi);
►sia sulla base di un preventivo intervento sul suolo libico, un vero e proprio atto di guerra in spregio di ogni diritto internazionale, tramite le loro covert operations e i loro reparti di intelligence in armi, ben prima dell’inizio delle ostilità.
B)
►Lo fanno poi una seconda volta tramite contesti e avvenimenti del tutto fabbricati dai media (Al Jazeera, CNN, CBS, Reuters ecc.) di cui sono proprietari i grandi gruppi finanziari dell’Occidente e che le agenzie di intelligence statunitensi, in particolare la CIA, hanno sempre usato per i loro disegni criminali.
In sintesi |
Nel circolo virtuoso di cui sopra, prima le grandi potenze evocano in vita il dissenso e fabbricano l’opposizione, occupando contemporaneamente coi loro uomini in armi il territorio di un paese sovrano. Allo stesso tempo, con un timing degno di una pianificazione militare, i Megamedia dell’Occidente, di proprietà delle elite dominanti, fabbricano a loro volta i pretesti per l’intervento umanitario dell’ONU tramite una invincibile armada, la più grande mai vista nel Mediterraneo dai tempi della guerra contro l’Irak, scatenata con la sua spaventosa potenza di fuoco contro un paese di sei (6) milioni di abitanti. |
Al colmo del paradosso, infine, tutto questo viene poi legittimato sia con la necessità di far rispettare il diritto internazionale, di cui in segreto si è fatto strame, sia con l’esigenza di proteggere la popolazione civile che diviene poi puntualmente vittima atroce dei bombardamenti indiscriminati della NATO. In questo universo orwelliano, oltretutto, i presunti crimini contro l’umanità commessi da Gheddafi – stigmatizzati dalla Risoluzione 1970 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, approvato all’unanimità il 26 febbraio 2011 – si metamorfosano in effettivi, e documentati, crimini di guerra perpetrati dai presunti tutori dell’ordinamento internazionale nei confronti di una popolazione inerme.
Infine, a conseguente coronamento di tutto ciò, tanto per non farci dimenticare il mondo alla rovescia in cui viviamo, per un verso, la no-fly zone e il cessate il fuoco si sono convertiti ben presto in un esplicito e massiccio intervento NATO a favore e a fianco degli uomini del CNT, che senza il suo schiacciante supporto militare non sarebbero mai arrivati a Tripoli (e neanche, sia detto per inciso, avrebbero potuto tener testa alla forze lealiste).
Per l’altro verso, la presunta azione contro l’impiego dei mercenari raccomandata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con la sua R1973 si è trasformata ben presto in un notevole afflusso di military contractor – provenienti dalle file di della tristemente famosa Blackwater ora Xe Services LLC di proprietà dell’ex-Navy Seal Erik Prince (un nome, un programma), società a sua volta finanziata dal Qatar, e financo dai ranghi di Al Qaeda (ah il sinistro sense of humour dell’Occidente!) – nelle fila dei “ribelli”, circostanza che ha messo la parola fine, almeno per chi ha occhi per vedere, alla solo presunta natura super partes dell’ONU oggi.
2. Ionesco alla corte del Re
D’altro canto, se questa è la realtà che emerge dai fatti sopra constatati, ancora più surreale, se possibile, è il quadro che affiora dall’analisi di Zolo. Lo studioso italiano, infatti, ha ulteriormente documentato la grottesca messinscena fabbricata dall’Occidente, che se non fosse tragica sarebbe una farsa degna di miglior causa, per perseguire i suoi inconfessabili fini geostrategici effettivi. Conviene ora vedere alcuni altri piani, non meno surreali dei precedenti del resto, di questa sorta di Castello di Atlante – il dominio dell’impostura per eccellenza – che è stato disegnato per la nostra povera mente solo umana dalla superiore immaginazione dagli architetti del capitale. Per comodità del lettore, riassumo in cinque punti fondamentali gli inoppugnabili argomenti dell’intellettuale fiorentino.
ONU
►in primo luogo, difatti, la no-fly zone decretata dalla R1973 costituisce <<una gravissima violazione della Carta delle Nazioni Unite>> e più in generale <<del diritto internazionale>>. Questo perché il comma 7 dell’art. 2 della Carta statuisce che <<nessuna disposizione del presente Statuto autorizza le Nazioni Unite ad intervenire in questioni che appartengano alla competenza interna di uno Stato>>. Ergo: <<la “guerra civile” di competenza interna della Libia non è un evento di cui possa occuparsi militarmente il Consiglio di Sicurezza>>;
►in secondo luogo, <<l’articolo 39 della Carta delle Nazioni Unite prevede che il Consiglio di Sicurezza può autorizzare l’uso della forza militare soltanto dopo aver accertato l’esistenza di una minaccia internazionale della pace, di una violazione della pace o di un atto di aggressione (da parte di uno Stato contro un altro Stato)>>. Inutile dire, naturalmente, che queste condizioni non esistevano nel caso della Libia. Il che, è bene precisarlo, <<rende criminale>> il massacro della popolazione civile libica perpetrato dalla NATO, un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità – a proposito di diritti umani! – di cui è corresponsabile anche il governo italiano e i soggetti politici, dentro e fuori il Parlamento, che ne appoggiano l’attivo impegno bellico di primo piano;
►in terzo luogo, l’intervento militare non è legittimo nemmeno dal punto di vista dalla cosiddetta <<responsabilità di proteggere>> (Responsibility to Protect) contenuta nella risoluzione 1674 del Consiglio di Sicurezza del 28 aprile 2006, e a cui fa più volte riferimento la R1973: <<Accertata una grave violazione dei diritti umani da parte di uno Stato, il Consiglio di sicurezza – si sostiene – può dichiarare che si tratta di una minaccia della pace e della sicurezza internazionale. E può quindi adottare tutte le misure militari che ritiene opportune>>. Stando così le cose:
●sia <<non è necessario spendere molte parole per argomentare che il Consiglio di Sicurezza non è competente ad emanare nuove norme di diritto internazionale>>,
● sia <<è altrettanto ovvio che la “guerra civile” interna alla Libia non rappresentava e non rappresenta tuttora una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale>>;
►in quarto luogo, l’intervento militare voluto dagli Stati Uniti e dai suoi alleati europei è stato poi improvvisamente passato alla competenza della NATO come se fosse un atto dovuto. Al contrario: <<Nulla può essere giuridicamente più discutibile visto che la NATO è un’organizzazione militare nordatlantica che non può usare la forza al servizio delle Nazioni unite senza un’esplicita decisione del Consiglio di Sicurezza>>.
La Carta delle Nazioni Unite, tra l’altro, nel suo capitolo VII, <<attribuisce ai cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza – Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Russia e Cina – il compito di dar vita a un Comitato di Stato Maggiore alle sue dipendenze e responsabile della direzione strategica di tutte le forze armate messe a sua disposizione>>. Ergo, anche da questo punto di vista, <<la NATO non ha la minima competenza>> nella questione libica, né alcun diritto di usare le forza contro un paese sovrano.
Italia
►Stando così le cose, in quinto luogo, quando Napolitano I.) sia si schiera a favore dell’intervento militare della NATO contro la Libia di Gheddafi, II.) sia approva le decisione presa dal governo italiano di bombardare con i propri aerei e i propri missili la popolazione libica, due atti che tra l’altro convertono la no-fly zone <<in una vera e propria guerra di aggressione>> nei confronti di uno Stato indipendente, III.) sia non considera minimamente la Carta delle Nazioni Unite e del pari dimentica bellamente il fatto che la R1973 <<è priva di fondamento sul piano del diritto internazionale>>, il Presidente della Repubblica:
●paradossalmente, lui che dovrebbe esserne il supremo custode, <<ignora e contraddice anzitutto la celebre formula dell’art.11>> della nostra Costituzione: <<L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa della libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali>>;
● contraddice del pari il suo at. 52 <<che legittima l’uso della forza soltanto “in difesa della patria”>>;
● <<Ignora che l’art.78 stabilisce che nel caso dello scoppio di una guerra le Camere devono formalmente deliberare “lo stato di guerra” e attribuire al Governo i poteri necessari>>;
●come se tutto ciò non fosse sufficiente, <<ignora, infine, che l’art.87 prescrive che sia il Presidente della Repubblica a dichiarare formalmente lo stato di guerra deliberato dalle Camere>>.
Inoltre, senza por tempo in mezzo il Procuratore generale della Corte penale internazionale, Luis Moreno Ocampo, il 19 maggio ha deciso di chiedere un mandato di cattura internazionale per crimini contro l’umanità nei confronti del leader libico Muammar Gheddafi, del figlio Saif al Islam e del capo dei servizi segreti libici Abdullah al Senoussi, mettendo così, ancora una volta, la giustizia al servizio dell’illegalità. In realtà, Ocampo precisa Zolo, <<è un imbelle agli ordini delle grandi potenze>> e la sua, date le condizioni al contorno prima descritte, è solo <<una messa in scena risibile>>. Rappresenta, anzi, unicamente l’ennesima <<apologia giudiziaria di una guerra di aggressione “umanitaria”>>.
Del resto, c’è poco da sorprendersi di questo teatro dell’assurdo, se è vero, come è vero, che la stessa Costituzione degli Stati Uniti, visto che quest’ultima, insieme a tutti i trattati internazionali ratificati dal Congresso, incorpora anche la Carta dell’ONU, è stata più volte impunemente violata da parte dell’attuale presidente Obama e dai suoi predecessori. Un fatto, quest’ultimo, che naturalmente eclissa le parallele condotte di Napolitano e di cui, anzi, queste ultime sono in definitiva una conseguenza minore, l’espressione di un agente e di uno Stato vassalli.
Alla luce di queste constatazioni, c’è poco da meravigliarsi anche del fatto che oggi l’espressione “comunità internazionale”, riferita all’ONU, sia divenuta, chiarisce Zolo, un’etichetta <<totalmente priva di senso>>. Le Nazioni Unite, all’opposto, sono solo ormai <<un’istituzione autocratica>> in cui le popolazioni del globo non hanno rappresentanza alcuna, visto che essa <<attribuisce il potere politico e militare alle cinque potenze che hanno vinto la Seconda Guerra mondiale>>. Se poi si prende in considerazione il fatto che il potere di decidere in seno al Consiglio di Sicurezza <<è un privilegio degli Stati Uniti d’America>>, conclude Zolo, si dovrebbe avere un’idea più chiara dell’attuale stato delle cose.
La Nato, così, oltre a mettersi sotto i piedi la Carta delle UN e il diritto internazionale – con il paradossale ma conseguente consenso di Ban Ki Moon, visto che anch’egli, spiega Chossudovsky, <<in deroga al suo mandato e in violazione del diritto internazionale prende i suoi ordini da Washington piuttosto che dall’Assemblea delle Nazioni Unite>> – oltre a commettere crimini di guerra e crimini contro l’umanità con i suoi bombardamenti sui civili, le città (Tripoli, Sirte, Beni Walid, ecc.) e i villaggi libici, oltre a far regredire la Libia all’età della pietra tramite la distruzione sistematica delle sue infrastrutture, attraverso i suoi ascari di Bengasi:
■sia protegge e autorizza la pulizia etnica del CNT contro la popolazione di pelle nera (impiccagioni, linciaggi, decapitazioni, assassinii a sangue freddo, esecuzioni sommarie sul posto, ecc.),
■sia arma pesantemente i “ribelli” schierandosi così apertamente dalla loro parte e rendendo possibile le loro conquiste (di nuovo violando, con una nonchalance invidiabile, il suo mandato),
■sia acconsente ai saccheggi, alle devastazioni e alle violenze dei “ribelli” contro la popolazione civile inerme,
■sia arruola nelle sue file persino i mercenari di Al Qaeda, dimostrando urbi et orbi, nuovamente, quanto quest’ultima sia sempre stata un suo prezioso asset e una creatura della CIA.
La doppia logica tipica dell’Occidente, in cui il diritto e i trattati internazionali possono essere tranquillamente stracciati in ragione di una criminale logica di potenza neocoloniale e di interessi geostrategici superiori, ha ormai reso conclamato il fatto che dietro i sorrisi e le strette di mano dei cerimoniali diplomatici si nascondono spesso le intenzioni e la lama del sicario.
3. Soldiers of fortune
D’ordinario, con tali soggetti s’intende individui sulla busta paga di una qualche potenza estera, da impiegare in un qualche conflitto armato. Infatti, dicesi contractors, recita il dizionario Merriam-Webster online, quei <<combattenti che sono comunemente noti come mercenari>> al soldo di un committente che provvede servizi militari e di sicurezza per conto terzi. Ci sono ovviamente contractor e contractor.
►Alcuni sono armati fino ai denti, professionali e addestrati in apposite scuole di guerra, letali come virus emersi – novelli Frankenstein disanimati, immuni da ogni afflizione morale – da laboratori di ingegneria genetica altamente specializzati. L’esemplare NATO della foto sottostante, ripreso durante la battaglia di Tripoli lo scorso agosto, ne mette in mostra i ferri del mestiere e l’expertise militare.
Benché siano tutt’altro che nobili, sono giovani e feroci come il duca di Vallombreuse. Per i loro <<private gain>>, ovviamente, tali tagliagole o pendagli da forca, come sono anche conosciuti, sono disposti a tutto e alle peggiori efferatezze, degne incarnazioni, in questo senso, del capitale di cui sono creature geopolitiche. D’altra parte, questi <<private contractors>>, come ha spiegato Peter Singer, nel suo Corporate warriors, sono ormai dappertutto e operano in più di 50 differenti paesi, vale a dire in tutti i continenti del nostro pianeta ad eccezione dell’Antartico.
►Altri ancora, invece, persino più insidiosi e pericolosi dei precedenti, indossano giacca e cravatta, sono tirati a lucido, spesso vestono abiti griffati, sfoggiano all’occorrenza sorrisi di plastica a 90 carati, rapidamente convertibili del resto, alla bisogna, in ributtanti sogghigni, e in genere pontificano sui destini del mondo, aprendo presunte finestre a non finire sulla cosiddetta realtà, dall’alto dei loro set hollywoodiani. Siano questi ultimi studi televisivi dei grandi Network, prime pagine dei quotidiani, scranni accademici, poltrone istituzionali, nazionali ed estere, siti web, e quant’altro possa servire all’uopo. Infiniti sono i centri di produzione di questi funzionari. Globale è il loro raggio d’azione. Così come, d’altra parte, senza limite alcuno sono in grado di secernere i loro mondi di fumo. E lo fanno del resto a gettito continuo, rund um die Uhr. Spazio e tempo, se sono i confini naturali dei comuni mortali, sono tuttavia coordinate soltanto funzionali per quelle agenzie e i loro addetti ai lavori.
Questa variante della specie in questione possiede l’identica natura letale del primo fenotipo, ma svolge le sue stesse funzioni in maniera diversa, come un vero mutante, con un trasformismo genotipico da far invidia agli organismi naturali. Ciò si comprende, ovviamente.
Questi contractor, il variegato personale che lavora nei media (i cosiddetti opinion makers, columnist, mezzibusti, ecc.) combaciano infatti alla perfezione con i soggetti descritti dal famoso aforisma di Gore Vidal: <<Un autore ha sempre il dovere di dire la verità…a meno che non sia un giornalista>>. Essendo dispensato da ogni obbligo nei confronti di quel basilare principio deontologico, detto soggetto può assumere la maschera di volta in volta meglio confacente alla bisogna e propalare a suo arbitrio, senza contraddittorio alcuno, le più diverse notizie. Ciò che conta, infatti, è che siano confezionate (id est manipolate, fabbricate) in modo professionale. Con splendido cinismo, infatti, tutto il resto non conta.
In fin dei conti, come ha spiegato John Swainton, Chief of Staff del New York Times, durante il party tenuto in occasione della sua messa a riposo, la vera e più autentica natura di tutti coloro che lavorano nei media (un vero e proprio esercito nella società odierna) è una sola:
<<Il mestiere del giornalista, oggi, consiste nel distruggere la verità, nel mentire spudoratamente, nel falsare le cose, nel diffamare, nel cadere ai piedi di mammona e vendersi per il proprio pane quotidiano. Siamo gli strumenti e la copertura di uomini potenti che agiscono dietro le quinte. Siamo i loro burattini. Loro tirano i fili e noi balliamo. I nostri talenti, le nostre proprietà e le nostre vite sono proprietà di questi signori.
Siamo prostitute intellettuali>>.
Per di più, oltre ad essere servita da cotanto personale, per nostra sfortuna, e a danno del vasto pubblico che flagella, la propaganda di sistema non si presenta affatto come tale. Altrimenti non sarebbe se stessa. L’impostura, in altri termini, per poter assolvere alle sue cruciali funzioni, deve essere dissimulata. Il fatto è che, come spiega Miller, per un verso, la propaganda innesca il proprio (I.) <<crucial self-effacement>> e non si presenta o tende a non presentarsi come aperto inganno dell’audience a cui si rivolge; per l’altro verso, i soggetti che diventano il suo bersaglio si trasformano in individui che si conformano alle sue regole (II.) <<without knowing it>> e apparendo quindi sul davanti della scena come attori attivi di uno script redatto invece, dietro le quinte, da altri, da <<dictators exercising great power>> sulla loro <<public mind>>;
Nondimeno, se è difficile immaginare una situazione più corrotta di quella descritta da Swainton (e certamente il giornalista statunitense doveva intendersene, vista la sua posizione!), è tuttavia d’obbligo constatare il fatto che, in generale, oggi il quadro d’insieme si è ulteriormente e rapidamente evoluto verso il peggio. Per le seguenti e molteplici ragioni, tutte intrecciate tra loro in guisa di fitta ragnatela che funziona come l’ultima fonte di ogni informazione per il pubblico:
►in primo luogo perché attualmente i mainstream media sono di proprietà diretta di un gruppo ristretto di grandi corporation multinazionali, soprattutto di lingua anglosassone, che controllano i ¾ dell’intero output mediatico del pianeta: <<Il risultato>> – nota Nafeez Mosaddeq Ahmed – <<è che oggi circa dodici corporations dominano il mondo dei mass media>>;
►in secondo luogo, perché queste singole compagnie, sulla stessa scia di quello che avviene nel capitale finanziario, tramite i loro <<board of directors>>, sono connesse con una pletora di altre importanti corporation globali, i cui dirigenti sono a loro volta affiliati di ulteriori società o istituzioni del complesso militare-industriale-finanziario-accademico, del calibro del Council on Foreign Relation, lo IMF, il Rockefeller Brothers Fund, Warburg Pincus, Phillip Morris, General Motors, IBM, Ford Motor Company, Chevron Corporation, Xerox, RAND Corporation, Federal Reserve Bank of New York, The Coca Cola Company, New York University, per nominarne del resto solo alcuni;
►in terzo luogo, non bisogna dimenticare che i mainstream media, in maniera coperta e segreta, sono intrecciati anche col potere politico vero e proprio e in particolare con le sue onnipotenti agenzie di intelligence, a principiare dalla CIA e dalla NSA, che si sono sempre servite di centinaia di giornalisti, a ruolo sul loro libro paga, per raccogliere informazioni e disseminare disinformazione;
►oltretutto, in quarto luogo, non si deve credere che tali organismi governativi semplicemente usassero soltanto, per scopi diversi dai loro fini ufficiali, il personale dei Network o della Stampa al loro servizio. In realtà, la strategia operativa soprattutto della CIA, si è ben presto differenziata ed è divenuta assai presto ben più sottile. Applicando la stessa tattica impiegata anche nel caso del terrorismo politico gestito dai suoi fiduciari, in particolare in Italia ma non solo ovviamente, the Company ha ben presto addestrato i suoi agenti a divenire giornalisti, fatto che ha poi reso impossibile distinguerli dai professionisti del settore. Tale personale è stato poi incorporato, tramite l’aiuto del management, nelle più importanti organizzazioni delle news ed ha così potuto svolgere le sue funzioni direttamente dall’interno, come un pesce nella sua acqua. Quale miglior agente di colui che non ha bisogno di fingere per sembrare quello che non è? In questo caso, come si intende facilmente, alla simulazione si è sostituita la ben più sofisticata emulazione;
►in quinto luogo, come se quanto precede non bastasse, persino i militari USA, così come d’altra parte gli eserciti di tutto l’Occidente, si sono dotati anch’essi di ufficiali in divisa addetti a Psychological Warfare Operations (PSYOPS) operanti direttamente dall’interno ad es. del quartiere generale della CNN di Atlanta, un personale con i suoi uffici anche presso la National Public Radio di Washington;
►confrontati con un simile scenario, in ultimo, è indispensabile anche far mente locale al fatto che le celebri foundations degli Stati Uniti, opulente emanazioni filantropiche delle stesse corporations precedenti, da una parte sono riuscite a convogliare, tramite i cospicui finanziamenti elargiti, il dissenso e i movimenti di resistenza in ordini di discorso sicuri per il potere costituito. Dall’altra parte, con gli stessi prodighi mezzi sono riuscite anche tanto a influenzare la direzione presa dai servizi di informazione dei media alternativi, quanto a soffocare ogni loro analisi critica della realtà odierna. Infine, le elite dominanti, sempre mediante i loro potenti strumenti di persuasione, sono riuscite a crearsi anche il proprio dissenso interno, di modo che quest’ultimo possa muoversi solo entro i binari prestabiliti e preconfezionati dai suoi artefici. Una versione estremamente astuta e moderna del più celebre aforisma di Wittgenstein: su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.
Il nuovo oppio del popolo
Nota
Per avere un’idea di quali soggetti facciano parte di queste istituzioni, quanti e quanto potenti essi siano, è indispensabile leggere l’articolo di Tony Cartalucci, Naming names. Your real government, in landdestroyer.blogspot.com, del 21 marzo 2011.
4. Criminali in doppiopetto
Se le cose, dunque, stanno nel modo appena descritto, è evidente che le attuali natura e funzioni dei media, in particolare dei grandi Network e della Presse (giornali, agenzie di stampa, ecc.; ma come si è visto si tratta di una fitta rete di organismi e funzionari), sono oggi radicalmente cambiate rispetto al passato. Il passaggio d’epoca che ha avuto luogo, in particolare, sembra distinto perlomeno da tre caratteri fondamentali, tra loro interdipendenti e che in definitiva s’incorporano l’uno nell’altro:
►in primo luogo, le caratteristiche odierne dei Megamedia occidentali – del complesso militare-industriale-accademico-finanziario funzionante come una gigantesca agenzia della disinformazione e della (dis)simulazione che opera ormai, in regime di monopolio tra l’altro, su scala planetaria – hanno determinato il tramonto definitivo della nozione stessa di consenso e dei suoi originari significati. È scomparsa così qualunque vestigia di egemonia culturale o politico-ideologica. Si tratta di una vera e propria estinzione di specie. Oggi la propaganda, con la sua sottile e pervasiva macchina promozionale a 360° gradi, impera sovrana sopra a tutto. Basti pensare che negli Stati Uniti il 78% della popolazione riceve il 98% delle sue informazioni dalla TV. Suo tramite la gente vede, sente e pensa solo quello che le classi al potere vogliono;
►in secondo luogo, con tali mezzi a propria disposizione, e con la copertura mediatica prima messa in rilievo, è divenuto immaginabile per i dominanti USA pensare l’impossibile e osare l’impensabile. Se il 911 è stato l’inside job esemplare che sappiamo, esso ci dimostra a sua volta almeno altre due cose: sia di che cosa siano capaci oggi le aristocrazie finanziarie e industriali al comando dell’Occidente, sia il fatto che quell’<<evento catastrofico>>, per usare qui l’emblematica definizione del PNAC, sarebbe stato irrealizzabile e forse nemmeno pianificabile senza l’esistenza preventiva dell’attuale sistema di propaganda (e ovviamente in assenza di una tecnologia adeguata in grado di distruggere il WTC): un vero e proprio <<hidden persuader>> di dimensioni bibliche;
►infine, le odierne funzioni dei Megamedia – nell’accezione moderna del termine, col complesso status, come si è visto, che compete a questi ultimi – sono oggi divenute insostituibili e preziose per i dominanti, perché permettono loro di precorrere in modo conveniente il tempo e in ultima analisi tanto di predire il domani (e quindi di padroneggiare in anticipo gli eventi), quanto financo di preformare in un certo senso il futuro e imprimergli così un profilo conforme ai loro interessi di lungo periodo.
In effetti, siamo qui di fronte ad un’altra trasformazione cruciale della società, ad un’ulteriore discontinuità storica emersa nel corso dello sviluppo capitalistico. Le classi dominanti, se mai lo hanno prima fatto, non hanno più bisogno oggi di attendere gli eventi per agire. Nemmeno hanno più bisogno di usare a posteriori una data congiuntura (geopolitica, economico-finanziaria, ecc.) per realizzare i loro disegni. Attraverso i Megamedia e il monopolio delle informazioni che ne consegue, il contesto necessario per le loro decisioni può ora essere sia creato in anticipo, sia suscitato in modo conforme ai loro piani, in modo da non lasciare niente al caso e ridurre dunque al minimo l’alea insita in ogni scelta tra molteplici alternative. Davvero paradigmatico a questo proposito, ancora una volta, l’11 settembre 2001.
Sulla scia di quest’ultima tendenza della società del capitale, e sciorinando davanti ai nostri occhi una prova conclamata del loro attuale potere, i Megamedia odierni, dunque, non rappresentano più soltanto, benché lo siano ancora ovviamente, agenzie della docilità indotta e della informazione fabbricata, della disinformazione preventiva e della censura.
Il loro arsenale attuale si è in effetti oggi arricchito di un nuovo, dirimente mezzo di offesa. Il flusso continuo di propaganda che incessantemente secernono ha infatti, per un verso, reso possibile e occultato di fronte all’opinione pubblica internazionale la natura illegale della R1973, nonché il fatto che essa viola platealmente la Carta fondamentale delle Nazioni unite e l’ordinamento costituzionale dell’Occidente, infranto tra l’altro dai loro stessi supremi Custodi, a riprova ulteriore dell’intimo pensiero pragmatico dei dominanti. Indifferente a tutta la comprovata illegittimità delle sue misure economico-politiche e militari contro la Libia, e anzi a seguire proprio dalla natura criminale delle sue opzioni geopolitiche, l’intero mondo ufficiale e istituzionale e intellettuale dell’Occidente – e in questo contesto, in particolare, i suoi potenti Megamedia – ha trovato modo di consacrare di fronte all’opinione pubblica mondiale e di renderla quindi dovuta, in qualche maniera, col monopolio della informazione – vale a dire, della misinformation e disinformation – di cui dispone a livello planetario, una arbitraria guerra di aggressione contro un paese sovrano.
Per l’altro verso, ovviamente in modo concomitante, hanno reso possibile e creato tutte le condizioni al contorno, con le loro notizie fabbricate e la costante falsificazione della verità (bombardamenti sui civili di Bengasi, agguati, massacri indiscriminati da parte di Gheddafi – citati significativamente come prove anche da Ocampo –, uso di mercenari e quant’altro), sia perché potesse essere proposta dagli USA e dai loro alleati la R1973, sia perché potesse di conseguenza essere scatenata l’offensiva NATO contro uno Stato paradossalmente membro a pieno titolo dell’Assemblea delle Nazioni Unite. Per poterlo fare in modo professionale ed efficace, con metodo, hanno dovuto servirsi di un tipo particolare di personale specializzato: i contractors del Quinto Potere.
Le menzogne e le false notizie disseminate da queste agenzie e dai loro funzionari, visti gli effetti che hanno determinato, si configurano in effetti come vera e propria propaganda di guerra. Da questo angolo visuale, l’azione coordinata di stazioni TV satellitari, CNN, BBC, Al Jazeera, France24 e di tutti gli altri Network e quotidiani europei dei paesi aggressori si configura in effetti come un crimine dal punto di vista del diritto internazionale e dovrebbe dunque essere perseguita penalmente dalla Corte Mondiale. L’impunità dei perpetratori, inoltre, i contractor dell’informazione in questo caso, detti anche giornalisti, dovrebbe essere fermata e i singoli soggetti trascinati in giudizio per violazione degli Statuti dell’ONU.
Dopo la Seconda Guerra mondiale, infatti, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha varato una legislazione che vieta formalmente e sanziona la propaganda di guerra:
- La Risoluzione 110 del 3 novembre 1947 concerne infatti <<le misure da prendere contro la propaganda e coloro che incitano a nuove guerre>>: condanna <<la propaganda che è concepita o che possa provocare oppure incoraggiare ogni minaccia alla pace, violazione dell’ordine pubblico o un atto di aggressione>>;
- La Risoluzione 381 del 17 novembre 1950 rafforza ulteriormente la riprovazione in oggetto condannando la censura di informazioni in conflitto come parte della propaganda contro la pace;
- Infine, la Risoluzione 819 dell’11 dicembre 1954 riguardante <<la rimozione degli ostacoli al libero scambio di informazioni e idee>>, riconosce la responsabilità dei governi nell’assicurare il rispetto di queste precondizioni – la libera circolazione delle informazioni e delle idee – al servizio della pace.
Inutile dire, naturalmente, che i Megamedia occidentali e i loro agenti – la cui evoluzione nel corso del Novecento ha attraversato i seguenti stadi: prima meretrici, poi professional liars, infine gangsters – ricadono completamente sotto le rubriche suesposte e come tali dovrebbero essere imputati e rispondere di <<crimini contro la pace>>. I giornalisti, qualunque sia la loro attuale identità, come tutti i cittadini sono tenuti al rispetto dello Stato di diritto e del suo sistema di norme. In quanto tali debbono rispondere dei loro atti di fronte alla legge, come qualunque altro soggetto che impugna un’arma di guerra e la usa in maniera illegittima contro terzi.
5. Carapintada mediatici
Gli onnivori Megamedia della società capitalistica, inclusi i loro funzionari a contratto, sono dunque responsabili della sovversione dell’ordinamento giuridico internazionale e dello Stato di diritto che si è vista in precedenza. Il potere politico e il suo degno personale, ovviamente, svolgono le loro funzioni istituzionali in modo naturale, tra l’altro in maniera uniforme in tutto l’Occidente e oltre, in quanto strumenti di governo delle classi dominanti. Negli Stati Uniti certamente i due fenomeni sono ormai conclamati, tanto da aver assunto uno status insuperabile e ormai classico. Nondimeno, anche in Europa e in Italia in particolare la loro natura segue la stessa scia evolutiva, tanto che il complesso militare-industriale-finanziario-accademico-massmediatico del Vecchio Continente differisce ben poco da quello statunitense.
Oltretutto, la galassia di forze e soggetti politici esterna infatti, in apparenza perlomeno, al potere ufficiale ha assunto in merito all’aggressione alla Libia un atteggiamento pressoché unanime, conforme alla gigantesca impostura diffusa dalla propaganda. Per spiegare la cosa si potrebbe senza dubbio presumere, senza andare probabilmente lontani dal vero, che tutti questi variegati ambienti esprimano una cultura ormai del tutto subalterna al sistema di pensiero della civiltà borghese e liberal-democratica e incapace ormai di distinguere alcunché, né di capire i sottili e invisibili meccanismi che governano lo sviluppo e il carattere degli avvenimenti. Lo si potrebbe certo supporre, ma non sembra davvero sufficiente per render conto dell’attuale loro débacle politica e intellettuale. Pare allora più opportuno puntare il dito in direzione di un’altra spiegazione, forse più sofisticata.
Tenendo conto del fatto che tutto quel mondo – di singole personalità, di media (Network, carta stampata, radio, ecc.), di partiti, di organizzazioni, di movimenti, e così via – ha assunto, in merito alla guerra di aggressione contro la Libia, una comune e ampiamente condivisa posizione consenziente, conviene tuttavia distinguere al suo interno perlomeno quattro grandi tendenze, che come strade reali si intersecano di continuo dando spesso vita ad un dedalo di vie.
Si tenga presente alla mente, inoltre, il fatto che la nostra odierna condizione, mutatis mutandis, non è altro che uno specchio di quella USA. Comunque sia, ecco il loro diagramma:
Media e funzionari di sistema |
Media e soggetti “di sinistra” funzionali ai dominanti |
Opposizione fittizia |
Dissenso fabbricato |
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►Il primo sottosistema, naturalmente, include al proprio interno gli organi di stampa e i Network ufficiali – di Stato e privati – che hanno il compito di supportare le imposture descritte in precedenza e financo di predisporre, in termini di informazioni congegnate ad arte, le condizioni al contorno perché la guerra di aggressione alla Libia appaia come legale di fronte all’opinione pubblica interna e internazionale. Ciò facendo, oltre a implementare l’agenda dei dominanti, in coerente accordo coi principi della propaganda cancellano anche tendenzialmente i loro crimini specifici.
Da questo punto di vista, tutta la canaglia giornalistica e accademica della cosiddetta cultura liberale, coi suoi agenti e le sue testate di riferimento – da Repubblica al Corriere, dalla Stampa al Giornale, dall’Unità all’Avanti, da Panebianco, via Gad Lerner e Veltroni, a Della Loggia, per non citare che la punta di un eisberg alla cui sommità troviamo d’altra parte le reti TV –, ha svolto un ruolo guida, come nel resto dell’Occidente europeo e no, nel distorcere la realtà dei fatti e nel fabbricare notizie false (l’ingrediente di base di ogni impostura). In un ideale stato di diritto e di giustizia, tutti questi funzionari dell’inganno dovrebbero essere trascinati in un tribunale penale e sottoposti a processo.
►Nondimeno, se tutti i succitati contractor fanno il loro degno mestiere, dietro pingui emolumenti, al servizio istituzionale dei loro committenti, coloro che fanno parte del secondo dominio, del resto in osmosi col precedente, svolgono le loro parallele ed equivalenti funzioni del tutto kostenlos (e purtroppo in una forma ancora ancora più subdola dei loro sodali di primo piano) e sono dunque paradossalmente più economici degli altri.
Giornalisti, organi di stampa, opinionisti e intellettuali come Rossana Rossanda, già distintasi del resto in occasione dell’11 settembre come una paladina della versione ufficiale, Pietro Ingrao, Dario Fo, Franca Rame, Niki Vendola, Ferrero, Liberti, Matteuzzi, ecc., impossibile ovviamente nominarli tutti, insieme a quotidiani come il Manifesto, Liberazione e quant’altro, hanno infatti apertamente appoggiato l’aggressione militare ad un paese sovrano e l’intervento NATO in Libia.
Per un verso, convenendo in maniera attiva e convinta con gli argomenti della propaganda occidentale. Per l’altro verso, ignorando di proposito sia la loro natura prefabbricata sia i loro effetti devastanti sull’ordinamento giuridico internazionale, in primis dell’ONU. Infine, insinuando nella mente dei loro ignari lettori l’idea che la guerra in corso fosse legittima e autorizzata da decisioni legali delle Nazioni Unite. Inutile dire, naturalmente, che così facendo, oltre a stendersi come un tappetino sui sentieri demarcati dai Media dominanti, come questi ultimi anche tutti i soggetti sopra menzionati hanno bellamente fatto sparire dal davanti della scena le loro responsabilità criminali e si sono in tal modo assolti da soli, mettendosi così al riparo di una impunità preventiva, sulla scia del resto dei loro dominus statunitensi.
Non si creda del resto che si tratti di un frutto tipicamente locale, confinato in un paese alla periferia dell’impero. Al contrario. Come nell’esemplare caso dell’11 settembre, infatti, il fenomeno è piuttosto internazionale e spazia da personaggi come Amy Goodman di Democracy Now a marxisti come Gilbert Achcar, da Samir Amin al Nuovo Partito Anticapitalista francese, da Ignacio Ramonet (il che vuol dire Le monde diplomatique) a Immanuel Wallerstein, da Attilio Boron a Ramzy Baroud, a loro volta allineati e a disinvolto braccetto con esemplari mercenari come Bernard Henry-Lévy, George Monbiot del quotidiano inglese The Independent e Alexander Cockburn di Counterpunch (rivista web). E si tenga conto del fatto che anche qui si parla solo della punta di un iceberg.
Oltretutto, gran parte di questo personale, sulla stessa scia di quello che accade col capitale finanziario e con i Megamedia, si trova a far parte direttamente di organismi elitari come il Council on Foreign Relations d’Europa e il World Political Forum (nel cui board siedono addirittura Andreotti e Cossiga, le due eminenze grigie e gli architetti della strategia della tensione atlantica in Italia!), a ulteriore riprova di come funzionari di rango della EU o delle singole istituzioni politiche nazionali – Parlamenti e Governi, Confindustria, Accademia, enti di varia natura: Aspen Institute, Open Society Institute, ecc. – si trovino a svolgere contemporaneamente più funzioni in differenti sedi con diversi compiti, in ossequio alla logica versatile di cui si nutrono la loro mente e il loro ruolo.
Tutti questi personaggi, in ultima istanza, sono agenti, o di fatto o di principio (cioè a contratto), delle classi al potere, tanto meglio mascherati e mimetizzati quanto più la loro opera di disinformazione, oltre ad avvolgersi in un rancido grasso retorico mutuato dalla propaganda, si miscela e si alterna – magari sulle stesse vetrine dei media che frequentano e in cui compaiono con sistematica regolarità – con altre analisi apparentemente più verosimili dell’attuale stato delle cose. Un po’ come durante gli anni di piombo le BR e i gruppi armati del tempo dissimulavano sotto le loro tragiche gesta e i loro documenti in apparenza ultraradicali, astutamente redatti spesso con linguaggio a prima vista “rivoluzionario” – indispensabili del resto per conseguire una miriade di fini funzionali alla cancellazione del vecchio PCI e dell’intera cultura marxista di allora dalla scena politica italiana: missione poi, del resto, perfettamente portata a compimento – la loro vera natura al servizio del terrorismo di Stato.
►d’altra parte, a questo labirintico paesaggio il terzo settore aggiunge un suo originale tocco surreale. Paradossalmente, infatti, dietro un linguaggio anche qui apparentemente marxista o critico nei confronti della società capitalistica, quando questi ambienti – Campo Antimperialista, Sollevazione, Appello al Popolo, ecc. – affrontano la guerra di Libia o, ancor più, l’11 settembre, emerge invariabilmente una forma mentis stereotipa che, come una sorta di copy and paste intellettuale, ricalca gli stessi argomenti dei dominanti e ne segue pedissequamente la scia. Inutile dire, ovviamente, che così facendo ne incorpora le ragioni e diviene connivente coi loro disegni. Si potrebbe naturalmente dubitare della bona fide di tali individui. Se lo facessimo, saremmo penso poco lontani dal vero. Ma la cosa comica, che sfiora il grottesco, comunque, è il fatto che le loro letture del mondo presumono di poter invece aspirare sia ad una migliore spiegazione originale della realtà, sia ad una maggiore coerenza argomentativa sulla base dei seguenti presupposti:
- ignorando i dati di fatto e financo le prove fisiche che dimostrano la natura preventivamente pianificata di quegli eventi e la realizzazione ingegneristica della polverizzazione in particolare delle Twin Towers; nonché la mole di studi prodotti finora dagli studiosi più seri del “movimento per la verità” e da una folla di ricercatori statunitensi (di cui si omette volutamente, e cioè con dolo, persino l’esistenza);
- usando denigrare, more solito, nel solco di nuovo del modus operandi delle agenzie di intelligence e dei funzionari dei Megamedia, le spiegazioni alternative alla versione ufficiale con lo stesso metodo e lo stesso linguaggio virulento, tra l’altro facendo di tutt’erba un fascio, dei paladini di quest’ultima: <<la chiave di lettura complottista>>, nelle parole di Leonardo Mazzei, è infatti <<maniacale>>, è un <<teorema universale>>, <<brutalmente semplificatorio e schematico>>. Non è nemmeno <<un’opinione, tanto meno una scienza>>: <<è invece una religione>>;
- secernendo banalità di seconda mano e di fonte governativa ufficiale trattandole come degne di fede (senza averle né controllate, quanto meno sulla letteratura esistente, né notato il conclamato conflitto d’interessi in esse incorporato) e sicure confutazioni del punto di vista avversato, nel mentre – va sans dire – sono solo fotocopie usate diffuse dall’Amministrazione statunitense per fuorviare l’opinione pubblica e vietarle così, preventivamente, qualunque eventuale, sempre possibile, comprensione degli eventi;
- infine, a conclusione di un così degno iter fatto di fumo, e al culmine di una gratuita supponenza degna di miglior causa, presumendo di poter spiegare i processi e gli eventi reali, con la grande geopolitica, con le cosiddette, è di nuovo Mazzei che ce lo spiega, <<condizioni materiali>>> (<<la crisi economica>>, <<la speculazione e la finanza predatoria>>, <<il mondo multipolare>>, il carattere <<spontaneo dei processi storici>>, ecc.), addirittura con <<l’odio delle masse>> nei confronti dei <<tiranni e gli autocrati>>, rappresentanti e <<fantocci dell’imperialismo>>.
Se lasciamo da parte, per conclamata e calcolata fallacia, i primi tre argomenti, che da soli sarebbero comunque in grado di squalificare chicchessia per la loro manifesta natura strumentale (e il cui fine intenzionale è l’inganno del lettore), con l’ultima pretesa si entra in ogni caso nel regno di un altro sublime paradosso. I suoi argomenti, nel loro insieme, al contrario di quello che si supponeva, rappresentano infatti un’unica madornale tautologia destinata a non poter render conto di alcunché, in ragione prima di tutto dei significati di cui consta. Poiché sono punti di partenza assunti come dati – né preventivamente spiegati né dimostrati – ecco che immaginare di poterli usare, con fede ben riposta, per interpretare razionalmente la realtà sarebbe come pretendere di poter spiegare l’esperienza con l’ignoto. Forse è meglio lasciar perdere. Come si può in effetti pretendere di poter comprendere il mondo sulla base di tali premesse? Non è forse ancora oggi il principio di non contraddizione prerequisito indispensabile dell’intendersi reciproco e della coerenza? Se ex falso quodlibet, come si potrà dedurre alcunché di significativo da quel fascio di elementi senza capo né coda?
Per di più, oltre ad incorrere nelle omissioni appena viste e nelle impasse or ora discusse, le concezioni in questione dimostrano anche di non sapere niente della imperiosa necessità per i dominanti di programmare il futuro, di renderlo storia o tempo passato prima ancora che sia avvenuto. Una caratteristica, questa ultima, degli agenti e dei funzionari del capitale, delle sue personificazioni e incarnazioni senzienti, dotate di volontà e coscienza proiettive, che solo Marx ha saputo intravedere e spiegare da par suo. Preziosa nozione che poi invece, nel marxismo successivo, comunque connotato, è andata perduta ed è sparita dalla scena intellettuale dell’analisi sociale.
►in ultimo, il quarto sottosistema completa l’affresco e finisce con l’incorporare all’interno del sistema di potere delle elite anche i movimenti contro la guerra, i movimenti di opposizione, l’ambientalismo, gran parte degli outlet “progressisti” e financo importanti segmenti dei media alternativi. Attraverso il finanziamento di questi soggetti e la cooptazione di singoli individui nei loro ranghi, le agenzie governative e le notorie foundation statunitensi (tra le quali figurano i Big Five Defense Contractors: i più grandi produttori d’armi del pianeta!), con le loro mille diramazioni in tutte le società occidentali e oltre, riescono infatti a dare forma alla loro agenda politica e sottoporre a controllo così le loro condotte. Il risultato finale di quest’opera di moulding è che quasi sempre questo “dissenso” supporta la fittizia “guerra al terrorismo” dell’Occidente, il suo “terrorismo umanitario” e a monte di tutto la spiegazione ufficiale dell’11 settembre, che è il pillar originario di tutta la propaganda di guerra degli Stati Uniti.
6. Una dirimente cartina di tornasole: l’11 settembre 2001
In un quadro come quello sopra delineato si comprende bene quanto sia oltremodo difficile, visto quanto sono inquinati i pozzi e quanto in profondità, far affiorare la verità dalle sabbie mobili dei Megamedia. Sia la sottile natura della propaganda, sia i suoi grandi mezzi finanziari e massmediatici hanno oggi agio di seppellire sotto spesse cortine fumogene gli effettivi stati delle cose, di modo che diventi quasi impossibile discernerne il vero volto. La realtà dei fatti deve risultare e risulta spesso inintelligibile per l’uomo comune e in definitiva per tutti noi. Siamo ben oltre ormai la stessa nozione di gatekeepers. Con quei mutamenti, la situazione d’insieme si è fatta, tutto sommato e a ragion veduta, assai più complessa e sofisticata che nel passato. Vale a dire enormemente più insidiosa e subdola per noi.
Per questa ragione è si potrebbe dire imperativo tenere alta l’attenzione e additare le fonti della disinformazione, i loro funzionari e i loro argomenti dovunque essi si presentino. Lo fanno infatti, di preferenza, come è forse logico attendersi e come si è visto, negli outlet alternativi, “antagonisti”, “progressisti”, “antisistema”, “democratici” et similia, che sono in genere, se non sono già di proprietà delle grandi corporations, i primi obiettivi del depistaggio, il cui fine è vietare che nella loro audience potenziale si formi un qualunque embrione di coscienza in merito allo stato del mondo. Se sapere è potere, come dicevano i classici, per contro ovviamente ignorare non può essere che servaggio e impotenza.
Grazie alla logica versatile e alla segreta identità dei loro agenti (doppi, tripli, multipli), ai raffinati mascheramenti dei loro emissari (il cui volto più autentico è spesso celato dal loro ruolo professionale nei Media, nelle Università, nelle Istituzioni, ecc., in quanto giornalisti, docenti, personale politico di vertice, ecc.), alle fitte nebbie con cui coprono i paesaggi reali, alle loro numerose agenzie di intelligence, alle loro floride foundations, i dominanti sono oggi in grado di condizionare dall’interno in pratica l’intera società odierna, incluso quel dissenso – civile, politico, intellettuale, ecc. – che sembrerebbe a prima vista volerla mettere in discussione. Come già visto, se lo confezionano addirittura su misura, in modo che sotto mentite spoglie risulti funzionale ai loro scopi. Chi ha detto che il modo migliore di controllare il dissenso è quello di assumerne la guida?
Con un potere in grado di agire a 360° in tutti gli ambiti sociali, e con i mezzi spropositati e raffinati di infiltrazione e dissimulazione in suo possesso, è allora necessario valutare con estrema cura tutto quanto e additare i professionisti dell’inganno ogni qualvolta questi emergano alla luce del sole per svolgere le loro funzioni a pagamento e secernere imposture, comunque camuffate. Si sono visti in precedenza quanto numerosi essi siano e quanto diversa sia la fenomenologia dell’arte in cui sono maestri. Per dire quanto sia versatile la strategia in oggetto, conviene qui prendere brevemente in esame un caso esemplare comparso sia in occasione della ricorrenza dell’11 settembre, sia su una rivista web apparentemente di opposizione e “fuori del coro”, sia infine su un sito il cui motto paradossalmente è <<Arm yourself with information>>. A quanto pare, il sistema del cuculo vale anche nel mondo umano. Vediamo.
In un articolo recentemente pubblicato su www.comedonchisciotte.org dell’11 settembre scorso, postato in origine il 21 luglio precedente sul periodico telematico www.looponline.info (che senza tanti convenevoli nel “Chi siamo” del suo sito si autodefinisce <<arrogante>> – “E ho detto tutto!”, aggiungerebbe Totò), l’ex operaista Franco Piperno tratteggia i significati che a suo avviso sono da attribuire ai tragici avvenimenti di New York in particolare. Lo fa nel suo stile naturalmente e con un linguaggio diciamo più surreale che scientifico, il che per un professore associato di fisica, anche se di “II fascia”, non è precisamente quella che si dice una credenziale accademica. Deve esserci uno scopo, ovviamente, dietro e a monte di una prosa così poco in accordo con le sue funzioni istituzionali. Vedremo tra poco quale esso molto probabilmente è.
Entriamo dunque, muniti solo del nostro povero intelletto, in questo ulteriore porto delle nebbie, fatto di argomenti talmente inverosimili da sembrare volutamente orchestrato per altri, inconfessabili fini. Naturalmente si potrebbe anche supporre che Piperno sia una sorta di flâneur intellettuale che ha casualmente incontrato la questione e ne parla con la nonchalance tipica di chi improvvisa, convinto magari di trovarsi in un bistrot parigino o in un qualche salotto mondano. Nondimeno, per dirla proprio tutta, il suo articolo dà la netta impressione di essere uscito da un qualche ufficio di intelligence addetto al depistaggio dell’opinione pubblica. Se escludiamo che la sua analisi sia stata redatta da chi non sa di che cosa parla, cosa certamente possibile ma improbabile, non ci rimangono che le altre ipotesi. Giudichi il lettore:
I. le Torri Gemelle <<implodono su se stesse quasi fosse [sic] argilla>>;
No comment
II. le Torri Gemelle erano <<mostri di vetro e cemento>>:
Steel framed buildings
III. le due Torri si sono dissolte <<nella micidiale polvere di titanio contenuto nei meta materiali adoperati per costruirle>>;
Steel colums
IV.da scrupoloso docente di fisica, per quanto di <<II fascia>>, nemmeno si cura di prendere in esame le prove e le evidenze della distruzione che attestano la impossibilità fisica del crollo gravitazionale delle due Torri;
Grafico della Dr Judy Wood
V. ignora bellamente e deliberatamente, di nuovo con invidiabile rigore accademico, l’ormai impressionante quantità di studi – interi volumi, paper, conferenze, interviste, documentari, video, ecc. – prodotta nel corso degli anni dalla comunità internazionale, dando prova così di un’onestà intellettuale irreprensibile davvero encomiabile;
VI. somigliando sempre più al ritratto dello specialista disegnato da Niels Bohr – <<un esperto in un dato soggetto è uno che ha già fatto tutti i possibili errori>> (constatazione che d’altro canto conviene anche ad una folla di altri individui) –, Piperno è poi convinto che l’11 settembre sia stato un attacco posto in essere da un <<pugno audace di intellettuali arabi>> – a cui tra l’altro va <<l’ammirazione dell’uomo libero>> – che avrebbero infranto la <<potenza tecnologica>> degli Stati Uniti e <<spappolato gli aerei catturati contro le Torri Gemelle, condensando, in quel gesto collettivo, la volontà generale delle moltitudini arabe>>;
VII. Benché <<il codice retorico>> nordamericano, con una <<ideologia che ha operato al massimo della sua potenza occultante>>, lo abbia trasformato subito in <<un vile attentato dei terroristi islamici agli States per l’azione di libertà e pace che gli USA svolgono, generosamente e da più di mezzo secolo, globalmente, in tutto il mondo>>, l’attacco dell’11 settembre ha come sua fonte prima <<l’odio arabo>> nei confronti di <<ciò che è stato fatto dagli americani nel Medio Oriente>> e con la protezione militare accordata ai regimi corrotti di quei paesi;
VIII. infine, la <<impresa da eroi maledetti>> di quel manipolo di <<insorti>> ha fatto balenare un <<evento dalla bellezza sublime>> che tanto è poi <<divenuto una rappresentazione icastica che farà nido nell’immaginario collettivo, perché segna la fine di un’epoca e ne annuncia una nuova>>, quanto ha smentito chi aveva <<sentenziato prematuramente l’impotenza controproducente della violenza collettiva>>;
Benché certo ci voglia del pelo sullo stomaco per secernere un documento di tal fatta, camuffato da estetici toni futuristi e pseudo letterari, nondimeno non bisogna lasciarsi fuorviare dalla sua prosa. Proprio perché è intriso di una studiata ampollosità stomachevole, è infatti altamente funzionale agli scopi che si volevano raggiungere. Anche suo tramite, infatti, diventa possibile screditare l’ideologia politica che questi soggetti fintamente incarnano e additare al pubblico ludibrio la tradizione culturale con cui ordinariamente li si identifica. Precisamente quello di cui avevano bisogno i dominanti e che Piperno gli ha offerto su un piatto d’argento, pronto servitore di più padroni.
Inoltre, anche il suo non darsi pensiero delle prove circostanziate a disposizione e la sua ostentata noncuranza per i dati di fatto e l’analisi forense di cui fa sfoggio, se potrebbero a prima vista far pensare a una colpevole negligenza, sono invece anch’essi funzionali al suo disegno. Gli consentono infatti di scansare in anticipo qualunque esame più approfondito e degno di questo nome degli eventi e in pari tempo lo dispensano anche dall’obbligo di spiegare scientificamente, come il suo ufficio professionale, quanto meno, gli imporrebbe, le prove materiali utilizzabili, che vengono così, al contrario, accantonate e consegnate all’oblio e all’irrilevanza, fino a sparire dalla scena. La qual cosa, d’altra parte, implica l’inganno a danno dei suoi eventuali e malcapitati lettori, vulnus che in ogni modo era il fine insito sin dapprincipio nell’argomentazione in causa, che è tra l’altro stata concepita solo per questo scopo.
Del resto, l’intera presunta argomentazione addotta da Piperno non è altro che una fitta sequela di menzogne e una colossale impostura a nostro discapito, talmente falsa in ogni suo dettaglio da poter essere stata concepita solo a tale scopo. Poiché solo un delirio avrebbe potuto infilare una dietro l’altra tutte quelle perle, siamo costretti a presumere che sia stata architettata esclusivamente con la deliberata intenzione di disegnare mondi di fumo. Non solo, dunque, le sue singole affermazioni, prese una per una, sono smaccatamente false e un’offesa palese persino al buon senso, ma ciascuna di esse rappresenta allo stesso tempo una red herring avente l’unico fine di inquinare e fuorviare la mente del pubblico, rovesciando ogni volta l’effettiva natura dei diversi avvenimenti e distorcendone il significato fino a renderlo irriconoscibile.
Oltretutto, non contento di tutto ciò, ma a degno coronamento dei suoi intenti più riposti, Piperno, proprio perché deve far fronte a prove forensi incontestabili che confutano in radice il suo vaniloquio, miscela in continuazione nel corso della sua descrizione una cosa e il suo contrario, un aspetto e il suo rovescio, sì da rendere la trama del suo discorso ulteriormente e tendenzialmente inintelligibile per i comuni mortali e seminare così aggiuntiva confusione, che è poi lo scenario naturale in cui si crogiolano gli arcana imperii. Da questo punto di vista, è un mistero come sia possibile svolgere attività didattica in materie scientifiche, in un ateneo pubblico tra l’altro e a contatto con le nuove generazioni, avendo alle proprie spalle tali premesse. Non era la ricerca disinteressata della verità, come recita a tutt’oggi un cerimoniale stereotipo, la missione per eccellenza della scienza? È divenuto dunque così facile infrangerne i solenni principi, divulgare mistificazioni a buon mercato e farle passare, sulla scia della logica più tipica della propaganda, per “oneste” analisi dei fatti?
Preso atto di tale stato delle cose, conviene ora censire in un breve diagramma di comodo, a mo’ di profilassi concettuale preventiva, i significati più autentici che affiorano dall’articolo in questione e che esprimono in maniera esemplare la sua trama più riposta, la sua sintassi effettiva:
Debriefing |
► in primo luogo, Piperno sposa, senza nemmeno le pubblicazioni di rito, la narrativa ufficiale delle amministrazioni statunitensi: e lo fa almeno due volte, prima addebitando anch’egli gli attacchi a presunti <<insorti>> arabi (facendo tra l’altro dell’Islam, nel contempo, sulla scia dell’intelligence USA, una centrale del terrorismo), dopo affermando che essi avrebbero rivolto la stessa <<potenza tecnologica>> degli Sati Uniti contro questi ultimi;
►in secondo luogo, sotto le mentite spoglie di una critica radicale agli USA e di una fittizia ammirazione per la resistenza araba al dominio nordamericano nel mondo, il nostro professore associato di <<II fascia>> in realtà disegna una conclamata e quasi subliminale apologia politico-ideologica degli Stati Uniti;
►in terzo luogo, per poterlo fare nella migliore maniera possibile, Piperno ripete come un disco rotto il convenzionale refrain dell’odio islamico, espressione della <<volontà generale delle moltitudini arabe>>, nei confronti del potere statunitense e della sua proiezione geopolitica mondiale, un argomento la cui fonte prima sono precisamente le autorità USA, accademiche e di intelligence;
►in quarto luogo, non ancora contento dei frutti (avvelenati) finora dispensati sulla pubblica piazza, Piperno offre il destro a tutti i Media ufficiali per bollare la sua interpretazione come sovversiva e in definitiva come un’apologia del terrorismo mediorientale e un ripudio dell’Occidente, fatto che nondimeno mette capo a due altri effetti concomitanti:
- per un verso, in certi ambienti sociali “di sinistra” finisce col dare credito alla e celebrare la sua apparente postura “sovversiva” e controcorrente, a prima vista “radicale” e intransigente, a costo di risultare per certuni detestabile (e anzi proprio con questo intento);
- per l’altro verso, al contrario, approda anche per una seconda volta – perlomeno agli occhi di una buona parte dell’opinione pubblica odierna – al discredito ulteriore dell’origine “marxista” e “comunista” del suo passato e della sua cultura pregressa, associata di fatto all’apologia del terrorismo.
Oltre a conseguire tutti questi risultati d’un colpo solo, attribuendo la prima responsabilità degli attacchi all’Islam (“gli arabi lo hanno fatto”), tra l’altro sulla scia dello script fornitogli dal governo USA, Piperno finisce con l’assolvere sin dall’inizio i perpetratori (mettendoli nell’ombra) e con l’attribuire il crimine, paradossalmente, a chi non lo ha commesso, precisamente come era nei piani dell’amministrazione Bush e degli esecutivi successivi. Inutile dire, a questo proposito, che proprio questa impostura preliminare ha reso poi possibile, non appena i Megamedia del tempo l’hanno resa un fatto certo e acclarato, la guerra illegale e l’invasione di Stati sovrani come l’Afganistan e l’Irak, nonché la proiezione della potenza USA in tutta l’area strategica del Medio Oriente, fino ai confini con la Russia e la Cina. Da questo punto di vista, Piperno – che qui rappresenta solo l’epitome italica di un tipo logico, direbbe Weber, diffusissimo in Occidente – diventa quindi connivente con i programmi criminali delle classi al potere negli Stati Uniti e di fatto un loro piazzista nel nostro paese.
Come se tutto questo non fosse sufficiente per darci la misura esatta, oltre che del soggetto, anche del disegno che rappresenta, un altro articolo di Massimo Fini, apparso sempre su www.comedonchisciotte.org di domenica 11 settembre 2011, porta nuova acqua al mulino delle imposture appena viste. Anche il giornalista lombardo, infatti, inanella una serie di perle che fanno il paio con quelle già viste in precedenza. Le seguenti in particolare:
►sulla significativa scia di Jean Baudrillard, per il quale <<nessuno può non sognare la distruzione di una potenza diventata tanto egemone>> come quella USA, Fini ammette di aver sempre <<sognato che bombardassero New York>>, fatto che ora <<è avvenuto>>;
►l’attentato alle Twin Towers da parte di Bin Laden ha colpito gli Stati Uniti <<per la prima volta nella loro storia sul proprio territorio>> e si configura come una retaliation nei confronti di quello che gli USA da decenni hanno fatto e continuano a fare <<nei territori altrui>> e <<in ogni angolo del pianeta>>;
►conviene infine con Giuliano Ferrara, agente CIA reo confesso e per il quale l’11 settembre è stato <<l’attentato più grande e infame della storia>>, anche se poi si rifiuta <<di piangere ogni anno, ritualmente e a comando, lacrime di coccodrillo per tremila vittime>> statunitensi, visto che <<sono milioni>> quelle della superpotenza USA finite nell’oblio.
Ora, questo altro piccolo esempio, oltre a inoculare nella mente del lettore le medesime tossine dell’ex leader di Potere Operaio, riesce persino a fare di più. Dando per scontata la verità della versione ufficiale, con tutto quel che ne consegue, Fini di concerto con Piperno crea tutte le precondizioni perché i sodali di Ferrara che lavorano a “il Giornale”, in un post del 10 settembre 2011, li possano accusare di <<esaltare i terroristi>>, <<sovvertire la realtà>> e rappresentare così solo dei <<cattivi maestri>> per le nuove generazioni. In questo paradossale e fittizio, ma confezionato in modo professionale, gioco delle parti il bue naturalmente dà del cornuto all’asino, giacché in realtà le due parti, per quanto in apparenza su fronti opposti e in ferocissima polemica reciproca, sono entrambe sia funzionali l’una all’altra, sia costituiscono soltanto varianti diverse della spiegazione ortodossa e ne sono in definitiva fenotipi locali, sia servono infine, con insuperabile virtuosismo versatile, il medesimo padrone.
Ovviamente, nessuno può tenere testa o dare lezioni di camouflage, come sappiamo, a tali agenti della (dis)simulazione. Il fatto, tuttavia, è che nel teatro dell’assurdo disegnato da queste agenzie della disinformazione, il professore e il giornalista, come una miriade di altri soggetti del resto, consentono ai tristi figuri dei Media (ovvero personale dei servizi) di mettere tutti coloro che condannano gli Stati Uniti per la loro criminale politica planetaria, il loro imperialismo neocoloniale e la distruzione dell’ordinamento giuridico internazionale, in uno stesso sacco, bollandoli come nemici dell’Occidente e magari fiancheggiatori, nuovamente, del terrorismo islamico (un’altra creatura del resto degli USA, che prima l’hanno evocata in vita e poi se ne servono sia per fini di politica interna basati su sicurezza e sorveglianza capillare dei singoli e della società, sia per i loro grandiosi disegni geopolitici globali, sia come deterrente contro qualsivoglia punto di vista, metropolitano o estero, avverso ai loro progetti imperiali).
Al colmo del paradosso e senza remora alcuna nei confronti di nessun assurdo, le classi al potere sono riuscite a recludere nel loro sofisticato labirinto e a invischiare nella loro tela del ragno anche tutti quei soggetti che pur deplorando l’espansionismo militare e geopolitico USA e ritenendolo responsabile del terrorismo, sia condividono la storia ufficiale sia avversano e denigrano pubblicamente tutti coloro che hanno dimostrato la falsità di quest’ultima e la natura orchestrata dal governo USA del tempo degli avvenimenti dell’11 settembre.
Ulteriori e luminosi esempi di questa logica perversa, ma efficacissima sul piano della disinformazione in cui si beano i servizi di intelligence, ci sono dati ancora una volta degli articoli di Robert Fisk e Alexander Cockburn, entrambi usciti di nuovo su www.comedonchisciotte.org, rispettivamente il 5 e l’8 settembre scorsi. Poiché sono una copia fotostatica, per di più sbiadita, dei documenti governativi USA e dei loro omologhi italiani, è superfluo prenderli in esame. Dal punto di vista intellettuale, specialmente il secondo, sono cloni di Noam Chomsky e dei peggiori handout del governo Bush, del Pentagono e della NATO. Cosa ci si potrebbe aspettare da un professional liar, che ci dica la verità? Li legga chi può.
La cosa invece interessante da mettere in rilievo è il fatto che, con inarrivabile logica autoreferente, il potere si crea da solo il proprio dissenso e gli dà vita in modo da poterlo poi screditare e usare, in splendida maniera circolare, per i propri fini e a supporto della sua lunga durata, della sua legittimazione e riproduzione indefinite. Precisamente quello che è accaduto in Italia anche con la strategia della tensione, la lotta armata, le BR e il caso Moro, fenomeni che hanno poi portato all’annientamento del vecchio e ormai consunto PCI come era nei piani dell’intelligence USA sin dal dopoguerra (e le cui precondizioni erano state predisposte perlomeno sin dal 1943). Oltretutto, quegli esiti, frutto di una logica sofisticata senza pari, emergono e si sviluppano dall’interno dell’opposizione fittizia del sistema e delle tendenze apparentemente alternative, che li secernono dal proprio seno più intimo come un bruco potrebbe fare col proprio filo di seta.
E così il potere trova il modo anche di occultarsi di fronte agli individui sociali, scomparendo alla vista dei soggetti che lo perpetuano senza saperlo e che ne incorporano la logica riproduttiva più profonda e sottile in quello che pensano e fanno, nella maniera in cui ragionano e nel modo in cui agiscono. Nel surreale labirinto benthamiano disegnato dall’Occidente per tutti noi:
a) le persone in buona fede, se ve ne sono ancora nel mondo di oggi, cadono nell’inganno sia senza saperlo o poterne divenire consapevoli, sia sprofondandovi proprio attraverso la stoffa concettuale di cui consta il loro pensiero, due circostanze che vietano loro, virtualmente per sempre, qualunque fuoriuscita da quella macchinazione a loro danno (nonché non poterne venir fuori, nemmeno sono in grado di immaginarla e financo vederla: si può mettere in discussione il sistema se si è il sistema?);
b) gli agenti professionali a contratto dei dominanti, per contro, tanto conducono il loro gioco molteplice ricoprendo, con tipica nonchalance da specialisti appresa nel corso di lunghi training, più di un ruolo alla volta e conseguendo multipli risultati nei confronti della parte lesa, quanto si mimetizzano più facilmente in una nebbia talmente fitta, che sono essi stessi d’altra parte a secernere tramite i grandi mezzi della propaganda di cui dispongono, che rende davvero arduo, benché non impossibile, distinguere il grano dall’oglio e rendersi intelligibile il reale stato delle cose e svelarne così l’identità coperta.
7. La strategia di Zelig
Se si fa mente locale alla complessa e ramificata macchina della disinformazione messa in moto e fatta girare, quotidianamente, dai dominanti e dai loro fiduciari – i servizi segreti, le agenzie di intelligence e gli agenti della propaganda (di stampo politico-ideologico come Rossanda oppure di origini marxiste e “progressive” come Cockburn e molti altri) –, non si può che rimanere attoniti di fronte a cotanta potenza. Il nostro stupore, tuttavia, in qualche modo ci fa meglio comprendere la vastità e la pericolosità dell’oggetto disegnato nel corso di più secoli dal capitale. Se capire è distinguere, come sosteneva von Foerster, allora qualche passo in avanti, comunque, l’abbiamo forse fatto.
In questo contesto, l’11 settembre rappresenta davvero il banco di prova e il test sperimentale cruciale tramite il quale valutare le concezioni e le ideologie, nonché gli individui che le incarnano, che fioriscono nell’arena sociale e se ne contendono il controllo. Se si vuole, è una sorta di austera macchina della verità intellettuale che differenzia il falso dal vero e ci mette in grado di additare le diverse imposture che il sistema di potere delle classi dominanti secerne a suo esclusivo vantaggio e a nostro danno. Alla sua luce è divenuto infatti possibile distinguere sia gli agenti reali in incognito, sia gli agenti che non sanno di esserlo, sia l’opposizione fittizia, sia infine il dissenso orchestrato. I portavoce ufficiali e conclamati del potere, i Megamedia mainstream e i loro numerosi funzionari – distribuiti nei più diversi gradini della scala sociale e nei più diversi sottosistemi della società –, si riconoscono invece di norma da soli (si pensi ad es. di nuovo a Gad Lerner, Massimo D’Alema, Walter Veltroni, Paolo Mieli, anche lui ex di Potere Operaio!, insieme a una miriade di altri personaggi fatti della stessa pasta, giusto per non abbandonare le patrie sponde).
In tale quadro, l’insidia probabilmente maggiore, ma non la sola, come si è avuto modo di constatare, è data da quei soggetti che come abbiamo visto – sulla scia del metodo CIA adottato in tutto l’Occidente – sono stati addestrati con la simulazione non a fingere ma ad essere e quindi a sembrare ciò che non sono. Una volta che tale metamorfosi si è compiuta, infatti, diventa pressoché impossibile distinguere la falsa identità dall’agente e questi finisce con l’apparire di norma sulla scena solo con la prima maschera. Il processo riceve infine il suo finish e viene poi completato dal fatto che i Megamedia (stampa, Network, Foundations, ecc.), ufficiali e no, tendono sempre a convalidare questo stato delle cose e a presentare quindi l’agente all’opinione pubblica solo col suo volto fittizio. E debbono farlo, e lo fanno con professionalità e in modo sistematico, altrimenti non sarebbero armi della propaganda.
Ovviamente, ci sono emissari ed emissari. Ci sono agenti a cui vengono demandate funzioni che implicano azioni cruente e la costituzione di bande armate e a cui viene chiesto di compiere gravi reati, fino all’omicidio e alla strage. Questi funzionari assumono addirittura la direzione strategica delle organizzazioni di cui si impadroniscono e ne guidano poi le attività verso fini di cui spesso gli altri componenti del gruppo non hanno conoscenza. Poi ci sono agenti diciamo di rango superiore e intellettuale (giornalisti: Ferrara docet, docenti universitari, ecc.), non meno importanti del resto, a cui viene invece demandato il compito, più politico-ideologico, di secernere teorie e interpretazioni del mondo funzionali ai disegni dei servizi, atti a minare l’esistenza di eventuali forze di opposizione (reali o presunte tali) e a fuorviare l’opinione pubblica, di modo che a questa risulti pressoché impossibile comprendere la realtà nella fitta nebbia in cui quest’ultima è stata nel frattempo avvolta. I Media, in ultimo, si fanno poi naturalmente carico di autenticare col sigillo dell’ufficialità questo stato delle cose. E così il cerchio si chiude.
Un agente diventa un eversivo e un rivoluzionario, un ribelle e un intransigente antagonista dell’ordine costituito, persino un fiancheggiatore della sovversione violenta delle istituzioni e della militarizzazione della lotta politica, a cui poi lo Stato, a sua volta, risponderà con la forza e le leggi speciali, corroborando in tal modo ulteriormente lo status fittizio dei suoi ufficiali in borghese, che a questo punto sarà diventato l’unico. Se questi funzionari vengono poi indagati e sottoposti a processo, imputati e condannati a lunghe pene detentive, magari per crimini reali commessi nell’esercizio delle loro funzioni, la messinscena diventa irresistibile e può dirsi completa. Il tramonto del vecchio informatore è ormai definitivo, così come è certa ormai la nascita di un nuovo soggetto. L’intera storia dell’Occidente, e dell’Italia in particolare, quanto meno dal dopoguerra in poi, abbonda di questi fenomeni.
Se le cose stanno così, se oggi le tecniche di infiltrazione e di esfiltrazione dei servizi sono divenute meglio comprensibili da parte del comune intelletto, viene allora da chiedersi perché l’articolo di Piperno, insieme tra l’altro a quelli dei suoi sodali esteri, sia comparso su un sito notoriamente alternativo e comunque in controtendenza come “DonChisciotte”. La domanda, oltretutto, ha un suo senso perché, a parte per il momento ogni altra considerazione di merito, Piperno – insieme del resto a Negri, Scalzone, Pace, Morucci, Faranda, Cacciari e una folla di altri personaggi oggi riciclatisi nei media o nell’accademia – è stato uno dei fondatori e leader di Potere Operaio, un’organizzazione oggi estinta ma dal passato quanto meno altamente ambiguo se non peggio per i suoi rapporti coi servizi attraverso le Brigate Rosse e la scuola Hypérion di Parigi, la più grande sede CIA d’Europa all’epoca e una centrale <<di altissimo livello nel mondo del terrorismo>> gestito dall’Occidente. Potrà mai un tale soggetto, uso a costruire strutture politico-militari segrete e <<capo riconosciuto di un comando unificato delle organizzazioni clandestine operanti in Italia>> nel corso della Guerra Fredda, come ci fanno sapere gli studiosi, costituire una fonte attendibile per una lettura ragionata dell’11 settembre? Possibile che nelle redazioni dei siti si ignori la storia dell’Occidente e dell’Italia? Difficile crederlo.
Se oltre a questo dato teniamo presente l’intenzionale depistaggio insito nella sua pseudo analisi di quegli avvenimenti, e si è visto quanto esso sia sottile e articolato, la cosa diventa persino ancora più paradossale e sconcertante quando si legge sul sito di “ComeDonChisciotte” il preambolo premesso al testo di Piperno. In questo breve trafiletto, difatti, lo scritto del professore associato di <<II fascia>>, odierno titolo accademico dell’ex dirigente, viene presentato nel modo seguente:
Un mondo alla rovescia |
► come <<un articolo di un’onestà e di una chiarezza davvero uniche>>;
► come un lavoro per capire il quale è necessario fare <<astrazione dalle dietrologie sugli autori dell’attacco alle Twin Towers>> perché il suo <<messaggio sarebbe un altro>>.
Ora, la prima duplice asserzione rivela il suo vero significato solo nella logica à l’envers dei servizi di intelligence, in cui “onestà” diventa doppiogioco (frode e malafede) e “chiarezza” premeditato inganno. Nella seconda, invece, nuovamente nella criptica prosa della neolingua odierna, per un verso, la prima raccomandazione implica sia la detrazione a carico di tutti coloro che mettono in discussione la storia ufficiale (con tutto quello che di deterrente è insito in tale discredito), sia un’implicita apologia, del tutto disinteressata ovviamente, com’è nella natura della propaganda, della spiegazione governativa (tra l’altro con l’uso di un termine chiave – dietrologia – con cui da sempre si denigrano gli studi di chi in Italia interpreta “il caso Moro”, adducendo documenti e dati di fatto, insomma prove forensi, con chiavi di lettura differenti dalla vulgata corrente).
Per l’altro verso, il secondo ammonimento, come nell’immagine riflessa dallo specchio, ci rivela a rovescio il suo più profondo senso: non tanto e nemmeno quello di informarci sulle cause e le ragioni dell’avvenimento, bensì di vietarcene in ogni modo la comprensione e renderci impossibile ogni sua messa a fuoco più precisa. Se gli argomenti di Piperno, come si è dimostrato, tutto rappresentano meno che la verità delle cose, sostenere che il loro <<messaggio è un altro>>, in un atto inconscio di confessione, può allora voler dire soltanto che esprimono un’impostura bella e buona a uso e consumo (cioè a detrimento) degli utenti del sito in cui è originariamente apparso e poi anche di quelli che lo hanno rilanciato. Esattamente quello che è emerso dalla loro disamina.
Per sovrammercato, fatto che esprime una contraddizione in termini senza plausibile spiegazione alcuna ma che la esigerebbe, in parallelo agli articoli di Piperno, Fini, Cockburn, ecc., prima visti, “ComeDonChisciotte” ha pubblicato anche, in quella che potrebbe sembrare una parodia massmediatica della par condicio, le considerazioni completamente contrarie e diametralmente opposte di Chiesa e altri autori ancora, in testa giustamente Massimo Mazzucco, in merito all’11 settembre. Si è forse trattato di una malintesa aspirazione democratica intesa a dar voce a tutte le opinioni, anche a quelle più contrastanti e incompatibili? Arduo poterlo immaginare in una questione come quella in oggetto. Non vi si fronteggiano, infatti, concezioni diverse ma entrambe ugualmente rispettabili come in una controversia civile, bensì gli architetti di un crimine e coloro che hanno accumulato nel corso degli anni e delle inchieste condotte le prove per smascherarlo.
Si è forse pensato allora di essere in una sorta di salotto illuministico? Nella società del capitale e in un contesto come quello odierno? Si può essere così ingenui dopo aver visto un inside job come il 911? L’imponente statura criminale dei perpetratori, di fronte alla quale impallidisce anche il nichilismo classico dell’Occidente, rende ovviamente implausibili anche queste ultime diverse ipotesi. Se le ammettessimo, infatti, dovremmo allo stesso tempo presumere che chi ha eventualmente scelto quella linea editoriale non ha presente alla mente la natura premeditata e orchestrata dell’11 settembre. Il che naturalmente, stando le cose come stanno, è impossibile.
Caso mai, sarebbe stato più logico attendersi l’inverso, vale a dire una rigorosa selezione dei punti di vista a cui dare la parola per poter meglio illuminare i molteplici aspetti, e tutti inquietanti, degli avvenimenti. Dare spazio ai perpetratori e alla propaganda dei loro agenti in un sito che ha fatto della informazione la sua bandiera intellettuale, equivale a mettere la volpe a guardia del pollaio. Nella fattispecie, poi, sarebbe come far pronunciare l’accusa dall’imputato invece che dal pubblico ministero. Cosa ci si potrebbe mai aspettare in questo caso? Obiettività, correttezza, condotta super partes, equità, fedeltà ai fatti, stretta conformità alle prove materiali, scrupolosa competenza, onestà, ricerca della verità? O cos’altro?
Oltretutto, la voce del padrone ha già il monopolio dell’output mediatico mondiale perché si debba sentire il bisogno di concederle ulteriore margine di manovra. Se tuttavia lo si fa, deve esserci un’altra ragione. Se non lo supponessimo, infatti, faremmo un torto alla redazione del sito. Un fatto tuttavia è certo, una fonte che funziona come rassegna stampa, vetrina mediatica e per così dire biblioteca multimediale e nello stesso tempo veicolo di depistaggi e propaganda, zibaldone web che rischia di distillare nebbie e di fuorviare gli eventuali suoi frequentatori, non può rappresentare un canale d’informazione. Il che contraddice persino il suo vessillo. Peccando forse di presunzione, lo si potrebbe forse meglio e in modo più appropriato riscrivere così:
Arm yourself with knowledge. |
Di una mappa e di coordinate intellettuali preliminari, e magari, se fosse possibile, di un gps concettuale in grado di secernere distinguo significativi, c’è infatti assoluto bisogno quando ci si addentra nei meandri della società contemporanea e negli insidiosi territori del capitale, della disinformazione pianificata e dotata dei sofisticati mezzi che sappiamo. Se è vero che conoscere è discernere e additare delle differenze, altrettanto certo e sicuro è il fatto che nell’ambigua promiscuità dei diversi punti di vista sopra presi in considerazione la prima vittima è la verità e di conseguenza la possibilità di comprendere l’attuale stato del mondo. Il che, si converrà, decisamente non fa di “ComeDonChisciotte” un ideale compagno di viaggio.
Forlì, 3 ottobre 2011 F. Soldani
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